My Darkest Time

Recensione a cura di Matteo ‘Thunder Head' Gobbi

REVIEWS INSANE VOICES LABIRYNTH

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2/25/20222 min read

Macedonia.. terra derubata dei propri territori, tradita dall'ego di un grande condottiero che cercando di conquistare il mondo ha lasciato le sue donne e i suoi villaggi alla mercè di usurpatori di ogni dove. È fondamentale questo passaggio storico per capire le radici profonde multietniche e multireligiose di questo paese antico. Ed è da qui che vorrei partire per descrivere questo nuovo lavoro dei My Darkest Time, un'opera sofferta, avvolgente, intrisa di melodie arabeggianti costruite ad hoc su di un tappeto ritmico martellante (l'idea, spero errata, che siano stati utilizzati dei trigger per la batteria, mi fa accapponare la pelle..). Le due voci di Marina Atanasova e Martin Atanasov si rincorrono creando un connubio molto intrigante tra rabbia e disperazione, lamento e sofferenza. Ne consegue un suono cupo,labirintico, che tanto deve ai Solitude Aeternus, maestri nel creare un sound compatto, lento, lamentoso. L'opener ‘Two Angels' ci porta subito all'interno di questo viaggio antico e lontano e gli assoli di chitarra di Zoc Zoran Petrovski ci avvisano che i The Darkest Time fanno sul serio. La successiva ‘Mad’ gioca sullo scontro vocale tra il dolce lamento evocativo di Marina e la grezza risposta di Martin e Zarko Atanasov, quest'ultimo polistrumentista della band e autore dei growl. La costruzione stilistica dei brani è molto simile e così la terza traccia ‘Don't Leave..’ vede un utilizzo potente del basso, ben supportato da un drumming veloce e fin troppo preciso. Il dualismo vocale è sempre molto coinvolgente, così come nella title-track ‘Dawn' canzone articolata, non banale, un ottimo gothic-death-doom dove frasi ritmiche e inserti melodici si incrociano a meraviglia. ‘Take us away' è l'episodio più lungo dell'album, con i sui 7.33 min ed è un lamento ancestrale che corre dai Balcani al Mar Egeo, gestita da Zarco e Zoc che intrecciano colpi di basso, solos di chitarra e tempi sincopati di batteria in un mix accattivante. ‘Open, O Doors’ è un invito cadenzato in un mondo segreto (impossibile non pensare all' “apriti sesamo” che tutti conosciamo. Il metronomo sale in Embodiments of Dreams con il classico andamento agro-dolce fatto di accelerazioni death e lente e più strutturate parti doom. Il gran finale di questo viaggio verso Oriente è la mistica ‘Lord Have Mercy', una preghiera generata dal dolore di una terra stuprata che invoca aiuto, tanto che Martin e Marina che per tutto lp hanno giocato ad inseguirsi qui si ritrovano in un coro, pieno di pathos. Quinto album per i My Darkest Time, sicuramente di ottima fattura, coerente, ma ben organizzato, dove è vero che le canzoni si somigliano parecchio, ma mantengono una propria personalità e non arrivano a stancare. L'utilizzo di sonorita alternative in stile oriental, impreziosisce questo full-length, così come le parti vocali intrecciate tra di loro in maniera impeccabile. Un ottimo prodotto, mixato e prodotto da Slava Malinin e consigliato agli amanti della storia e dei sogni.

85/100