Onward

Recensione a cura di Mirko Bosco

REVIEWS INSANE VOICES LABIRYNTH

magazinerockersandotheranimals

2/26/20223 min read

New Fathoms Down è il quarto album degli Onward, una band che potremmo tranquillamente definire dal passato alquanto peculiare, di ritorno dopo una decade abbondante di assenza dalla scena musicale, che esce per la Crushing Notes Entertainment. È una mossa estremamente coraggiosa da parte del gruppo, considerando le circostanze che avvolgono la storia della band ed in particolare di questo loro ultimo lavoro. La mastodontica fatica del remastering di questo album è stata affidata al produttore statunitense Brett Hansen negli Audio Arts Studios di Las Vegas, una decisione decisamente azzeccata poiché Hansen, essendo comunque un sound engineer di un certo calibro, aveva già lavorato al secondo album della band, intitolato “Reawaken”, che uscì nel 2002 per Century Media Records, conoscendo per cui il carattere, il suono e l’anima degli Onward. Si tratta di una rielaborazione di vecchi nastri registrati su musicassette con l’ausilio di un registratore analogico a quattro tracce. Il cantante Michael Grant ed il chitarrista Toby Knapp, registrano nell’ormai lontano 2002, queste tracce in maniera approssimativa per potere poi avere delle idee per un demo, per un eventuale nuovo disco, ma la band si scioglie nel 2003 lasciando queste idee incomplete e nel dimenticatoio. Sfortunatamente nel 2012 Grant muore mettendo definitivamente la parola fine a questo progetto, o così pensavano tutti tranne che, nel 2014, Knapp riascoltando questi vecchi nastri decide di resuscitare la band, estrapolando la voce di Grant e lavorando attorno ad essa facendo lui stesso tutto il resto. La batteria è certamente ricreata in studio in maniera digitale risultando così un po’ piatta e priva di dinamica con suoni che poco si addicono al sound degli Onward, ma se si riesce a sorvolare questo dettaglio, che comunque non è da poco, il resto scorre adeguatamente. Il basso, anch’esso suonato da Toby, non si lascia andare in particolari virtuosismi, cosa sicuramente voluta, dando ai pezzi una base solida e forte ed è con la chitarra che Knapp eccelle, e da’ prova, ancora una volta, delle sue capacità. È un vero peccato che Grant non sia più tra noi per godere di questo suo lavoro ma ci ha comunque lasciato questi undici brani, a testimoniare della sua bravura, per il nostro appagamento. All’ ascolto più attento, si percepisce che il tutto è stato ricostruito fase per fase, ma si capisce anche l’ enorme mole di lavoro a cui Knapp si è assoggettato. Il brano di apertura è quello che da anche il titolo all’album “New Fathoms Down“, ha un feel epico tipico, alquanto piacevole anche per i non amanti del genere, con un bell’ incastro di voci, la chitarra è impeccabile sia nella ritmica che negli assoli. Il secondo brano “Front Line Away“, invece è un gran bel pezzo Hard Rock potente, degno di una grande band con passaggi un po’ prog senza però diventare mai monotoni. Il terzo pezzo, “The End Of Loneliness” è decisamente un brano di non troppo facile ascolto, bisogna qui tenere presente che la voce viene da un demo. Un bel ritornello memorabile con un assolo un po’ più lento che diventa poi quasi uno shred, a riprova della versatilità del chitarrista. La quarta canzone di questo album, “I Will Be Waiting“ è un classico metal ottantiano per il piacere degli amanti dei tempi che furono dal sound piacevole e azzeccato per il genere. Il quinto, “Sleeper’s Island", attacca con una buona composizione dai suoni doom ma dal tempo più spedito e sincopato, con un bel cantato e con vari passaggi piuttosto ricercati, sfiorando ancora una volta il prog. Il sesto, “The Ghost Of Might Be Madness“, ha come sempre chitarre precise e ricercate, con bei cambi sofisticati. Il settimo pezzo dal titolo “The Day That Nothing Died“ è ancora una volta un bel pezzo hard rock, piacevolmente ascoltabile, forse il più memorabile di tutti, la sua semplicità lo rendono piu potente degli altri, come sempre, abbellito da un sofisticato assolo shred. L’ottavo brano, “Runaway Day“, è un lento abbastanza piacevole e di facile ascolto sempre con un tono epico tipico degli Onward. Il nono “Enemy Nine” risulta essere un brano metal classico con intermezzi originali e un bel coro ben studiato. Il decimo “The Wrong Man“ è un chiaro richiamo a chi è l ispiratore di Knapp, come se non si fosse ancora capito, sia per i suoni che per I riff ma resta comunque un bel pezzo. L’ undicesimo e ultimo brano “Dawn Of Our Only Day“ inizia come una bella marcia per lanciarsi poi in un bel pezzo metal anch’esso più sul classico degno dei migliori gruppi degli anni ottanta, con un feel però un filo più moderno. Per coloro che già conoscevano gli Onward, questo disco sarà sicuramente una gradita sorpresa. Bisogna sempre tenere conto che si tratta di tracce vocali originariamente registrate in maniera approssimativa e diversi anni addietro ma resta comunque un prodotto decoroso. Penso proprio che Michael Grant ne andrebbe fiero e non si potrebbe dargli torto.

75/100

insane-voices-labirynth-Onward-rockersandotheranimals