Scythe For Sore Eyes

Recensione a cura di Alessia VikingAle

REVIEWS INSANE VOICES LABIRYNTH

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2/26/20222 min read

Poco si sa dei finlandesi SCYTHE FOR SORE EYES, tranne che si sono formati nel 2013 “per ragioni sconosciute” (sic), e che “Nothing”, di cui parleremo oggi, è il loro secondo lavoro in carico, dopo il primo disco “Dawn of a Darker Horizon”. “Nothing”, registrato presso il SoundSpiral Studio con il produttore Juho Räihä (Swallow The Sun, Before The Dawn), conta ben tredici tracce di “inquinamento acustico che ricorda vagamente vari generi metal” ed è stato pubblicato grazie ad Inverse Records. Iniziamo con “MFR” che porta l’ascoltatore in un ritmo rock che rimane stabile per l’intera durata della canzone, così come gli accordi e vocalizzi, con l’eccezione del ritornello dove il ritmo accelera. “Never Like You” ingrana la marcia e ci propone un ritmo più spinto, anche qui senza particolari variazioni nella canzone, eccezion fatta per alcuni passaggi ed il ritornello corale. Migliore della precedente per carattere più deciso. “Take the Fight” ci porta in lidi in apparenza più riflessivi: il ritmo è rallentato a favore di una maggiore attenzione su chitarre e voce. Buono il ritornello, malinconico al punto giusto. “Black Monday” mostra un piglio quasi deciso stroncato dalla composizione piatta. Alcuni passaggi di chitarra arrancano e si intrecciano tra loro creando disarmonia, cosa che si nota soprattutto nell’assolo. “Philosopher’s Stone” è una ballad condita con arpeggi distorti. Migliore della precedente, ma senza eccedere in segni particolari. Di “You C(o)unt” esiste anche il lyric video. Scelta azzeccata perché è la traccia che più ha capacità di rimanere impressa nell’orecchio dell’ascoltatore: ritornelli frenetici e diretti e buona composizione la rendono la canzone ideale per presentare il gruppo al pubblico.

“Hate to Love You” è un’altra canzone lenta, con solo voce e chitarra. La canzone, anche qui, scorre per tutto il suo minutaggio senza particolari degni di nota. “Not Human” ci fa riprendere dalla calma della precedente traccia con una scarica di energia. Traccia tutto sommato carina, con un buon ritmo interrotto verso la fine da un assolo che spezza l’atmosfera creatasi. “370HSSV” ha un buon ritmo ed un’anima rock. Il ritornello corale non convince appieno. “Clockwork” ha un ritmo più ponderato e melodico che sfocia dopo la metà in un’atmosfera più forsennata e rabbiosa per riprendere in fretta la linea intrapresa finora.

In “Daylight Darkness” la chitarra prende il comando della composizione sovrastando gli altri strumenti. La traccia è sopra la media delle altre canzoni quantomeno per la particolarità della composizione che osa qualcosa di diverso, anche se a lungo andare la canzone risulta ripetitiva.

“Spiders in the Attic” segue la scia di “Daylight Darkness” limandone dei difetti e perfezionando la struttura della canzone. A differenza della precedente si concede parti elettriche ed aggressive con tanto di voci growl. “13 are we old” arriva come una tempesta, potente, ritmata e un po’ “punk”, la canzone scorre piacevole nelle orecchie dell’ascoltatore, terminando poi in risate sconnesse. Al termine dell’ascolto di “Nothing”, ciò che pervade l’orecchio dell’ascoltatore è il nulla. Il disco è poco originale od incisivo, privo di personalità e di momenti degni di essere ricordati. Non del tutto da buttare perché ci sono buoni spunti da sviluppare assolutamente e tracce valide, soprattutto le ultime due e “You C(o)unt”.

Per il momento il giudizio è una sufficienza.

60/100

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